Vivere il senso

 

In genere i giovani sono protesi verso la conoscenza dei segreti, trucchi e strategie più immediate e veloci di realizzazione sociale, storica, economica e affettiva. A causa di questa fretta, che raccoglie velocemente il senso delle cose, viene ad innestarsi, su un utilitarismo di tipo materialistico, un processo di alterazione della percezione della realtà delle cose in sé e del loro senso. Ogni generazione giovanile ha davanti a sé l’intera vita. Questo la porta a non preoccuparsi del decadimento della propria unità energetica trovandosi, al momento, in una fase di fioritura. Non valuta l’importanza della consapevolezza dell’alterazione che è innestata nel sistema sociale umano, dall’inizio della storia della civiltà dell’uomo. Questa alterazione progredisce con il progredire del sistema sociale. Man mano che ci si avvicina all’età adulta, l’essere umano si accorge che deve lasciare tutto, compreso il proprio corpo. Comincia, così, a concentrarsi su idee eterne quasi a voler procrastinare il senso della propria vita o di raccoglierlo e farlo scorrere oltre il limite del proprio ciclo esistenziale. In uno dei precetti pitagorici viene riportato di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo della vita. Se così fosse ognuno comincerebbe a pensare di cogliere tutti i piaceri possibili in una giornata, ognuno  secondo i suoi desideri e vocazioni. L’ultimo giorno diventerebbe così una sorta di test di verifica dei vari condizionamenti incamerati da ogni individualità. Vi sono individui che si muovono pensando ogni giorno come un intero ciclo della propria vita: pensano di nascere, compiere opere significative che diano il senso della loro presenza di vivente e, senza necessariamente preoccuparsi di ciò che sia l’alidilà, si volgono  indietro beandosi delle loro umane opere positive e degli sforzi che hanno fatto per salvare la vita. Nasce in loro la consapevolezza, che ciò che sarà oltre anche senza di loro, conterrà il seme di quella vita sana, positiva e bella a cui loro hanno dato impulso. Ci sono coscienze così interne al loro atto vivente che , per dimostrare il senso del loro essere qui ed oltre, non hanno bisogno di chiedersi se ci sia un paradiso, un purgatorio o un inferno. Non si tratta di coscienze atee o materialiste, ma sono coscienze che trapassano gli spazi-tempo restando nella memoria di generazioni di atomi ed elettroni materiali. Queste coscienze sopravvivono nell’eternità e sognando realizzano il futuro dell’armonia della propria terra, della loro filiazione indipendentemente dal fatto che i figli provengano dai propri ovuli o spermatozoi. Sono coscienze che concepiscono la filiazione psichica, la concezione dell’essere che è prima, durante ed oltre il proprio io. Questa memoria non è una memoria cerebrale, rimane impressa nel bios di ognuno, nelle proprie cellule, nel bio-logos, nel principio della vita. Questi vissuti hanno la capacità di migrare nel continuo del senso della vita creando una metamorfosi che supera la fissità del condizionamento del non-senso che altera la percezione del mondo.

Il bio-vissuto è “nel durante” dell’esperienza che non rimane circoscritta al momento ma si espande in tutto l’ambiente dove l’esperienza è avvenuta; ambiente che sopravviverà alla mia esistenza e, per quanto possa sembrare assurdo, io ho contribuito alla continuità del loro senso raccogliendo la continuità del mio senso. Ognuno di noi costituisce la particella necessaria perché possa verificarsi il passaggio del senso in quel dato posto ed in quel momento. Qui respira la Saggezza dell’Essere.

I giovani tendono a riposare le membra dell’intelletto sotto le coltri del senso comune che, molte volte, è la risultante di ciò che non si vede. Quando ci si ritrova nel chiasso della disarmonia anelando la pace, il silenzio, solo allora nasce spontaneo il perché della potenzialità dell’Io sono, dell’essere nell’Io

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